Venezia, anzi la Serenissima Repubblica di Venezia, per il ruolo economico, politico, militare e culturale che ha esercitato per secoli rimane un unicum a livello nazionale e internazionale. Una soggettività antichissima con alcune caratteristiche costitutive che hanno saputo attraversare i secoli, la decadenza e la sconfitta per arrivare fino ai giorni nostri.
ambiti industriali
Distretti industriali
Un momento storico di transizione, segnato dalla Quarta Rivoluzione Industriale e dalla pandemia, nel corso del quale la “cultura d’impresa” rimane il tratto distintivo di un Veneto capace di esprimere un’individualità produttiva e manifatturiera declinata alla scala globale. Un’identità che viene da lontano: agli albori del secolo XIV il sistema economico veneziano era già pervenuto alla piena maturità. Perfettamente strutturato, ruotava intorno a un gruppo di operatori specializzati che fungevano da intermediari negli scambi fra produttori e consumatori stranieri: “mercanti capitalisti” che traevano i propri profitti dall’investimento e dalle successive vendite, operazioni reiterate all’infinito così da amplificare i guadagni. I cespiti principali non venivano dall’esportazione dei prodotti della terra, bensì dalla mediazione degli scambi fra comunità commercialmente ed economicamente meno sviluppate e dallo sfruttamento di “bacini di produzione specializzati” (antesignani dei “distretti”).
Da intermediario, nettamente separato dalle diverse sfere produttive, fungeva quel capitale mercantile che proprio sulla cultura d’impresa e sul primato marittimo (tecnologico e gestionale) si era costituito. L’economista Giacomo Beccatini interrogandosi su cosa è accaduto nell’Italia del dopoguerra e nel Veneto in particolare, proponeva la seguente risposta. “È accaduto che un certo numero di tessere del mosaico territoriale (italiano), anche sfruttando l’abbandono da parte dei paesi cosiddetti avanzati di settori produttivi considerati “decotti” dall’alta teoria, come il tessile, i lavori in pelle e cuoio, i mobili, gli elettrodomestici, molti beni strumentali e così via, hanno agganciato lo sbocco internazionale, dei loro prodotti tipici, a “nicchie di mercato” dove sono diventati semi-monopolisti. Tutto ciò è accaduto perché il variegato territorio italiano racchiudeva tante potenzialità maturate nella lunga e tormentata storia dei suoi mille luoghi e ceppi di popolazione. Potenzialità che, per un complesso di ragioni, si erano conservate nei secoli per esplodere, nel Mercato Comune e oltre, nel secondo dopoguerra.